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Jorge Washington Caraballo, “meglio perdello che trovallo”

Nella stagione 1982-83 il Pisa Calcio torna in Serie A dopo 13 anni: si sono da poco riaperte le frontiere per gli stranieri nel nostro calcio, ed è così che il oresidente Romeo Anconetani, personaggio pittoresco ma grande intenditore di calcio, decide di rinforzare la squadra con ben due stranieri.

Il primo è il danese Klaus Berggreen, discretissima ala che parteciperà anche a due Campionati Europei e ad una Coppa del Mondo con la sua Nazionale e giocherà anche nella Roma e nel Torino. Il secondo, invece, è il misconosciuto mediano uruguaiano Jorge Washington Larrosa Caraballo. Pur giocando appena 7 partite in Italia, entrerà nella storia della società come il più pittoresco ed improbabile calciatore che ne abbia mai vestito la maglia.

Lo scout sbagliato

C’è da dire che la differente qualità dei due stranieri del Pisa ha una spiegazione logica: l’acquisto di Berggreen è opera, come detto, del vulcanico presidente Romeo Anconetani, personaggio pittoresco ma senza dubbio abile a scovare abili calciatori a poco e a valorizzarli. Sarà lui del resto a scoprire e valorizzare nomi come Kieft, Larsen, Simeone, Dunga, Chamot.

L’arrivo in nerazzurro di Caraballo è invece l’intuizione del figlio Adolfo, decisamente meno dotato del padre nell’arte dello scouting: non è certo un caso che questa sarà la sua prima – e ultima – mossa di calciomercato in seno alla società toscana.

Accade che, appena arrivato in Uruguay, Adolfo si lascia convincere da un tassista che Caraballo è un piccolo fenomeno, “il nuovo Schiaffino” nientemeno, e fiutando l’affare, ecco che Anconetani Jr. acquista il giocatore dal Danubio e lo porta in Italia.

“Il Caravaggio del calcio”

Il ragazzo sicuramente ha grande entusiasmo, si presenta come “il nuovo Schiaffino” – mentre il fiero scopritore lo definisce addirittura “il Caravaggio del calcio” – e promette di infiammare l’Arena Garibaldi con il suo spirito battagliero, la “garra“, che in Uruguay significa la tenacia, la virilità, il non mollare mai anche quando tutto sembra perduto.

Allenatore di quel Pisa è Luis Vinicio, una vecchia volpe che fiuta subito qualcosa che non va nel ragazzo: è evidente, tanto per fare un esempio, che il suo ritmo compassato da Sud America mal si adatta con la fisicità del calcio italiano. In più, particolare assolutamente non da poco, non è che con i piedi sia un fenomeno.

Si spera almeno nel carattere. Ma dopo la prima, deludente, prestazione, Vinicio sostituisce Caraballo nel secondo incontro di campionato e questi si mette a piangere, gridando che se ne vuole andare perché nessuno lo capisce.

Alla faccia della “garra“…

Partono subito i primi cori di scherno dei tifosi, che dicono che “Caraballo gioca bene nell’intervallo”, ed il ragazzo in effetti non fa molto per riabilitarsi, inanellando una serie di partite che Anconetani Senior, qualche anno dopo, definirà “a dir poco pietose”.

Vinicio lo lascia sempre più spesso fuori, ed i risultati gli danno ragione: senza Caraballo la squadra gioca meglio, ed ottiene anche alcune vittorie di prestigio. Il gruppo inoltre sembra gradirne l’assenza, per così dire, visto che il ragazzo ha un carattere veramente poco adatto al calcio.

Noto sarà, per merito proprio di Adolfo Anconetani, l’episodio avvenuto nell’inverno del suo unico anno in Italia. Presentatosi agli allenamenti, Caraballo viene accolto scherzosamente dai compagni con una serie di palle di neve e finisce per avere una crisi isterica, mandando al diavolo tutti e saltando la sessione.

Come ogni riserva che si rispetti, Caraballo ha una possibilità in Coppa Italia, torneo che le squadre utilizzano anche per testare i giocatori meno utilizzati, ed è qui che la sua carriera giunge ad un bivio. Pisa e Bologna sono sullo 0-0 e mancano pochissimi minuti alla fine quando viene fischiato un rigore a favore dei toscani.

Caraballo si ricorda da dove proviene (l’Uruguay è un paese di combattenti) e risfodera la “garra” ormai sopita: con decisione si avventa sul pallone e lo fa suo, portandosi verso il dischetto e fissando, con aria decisa, la panchina. L’allenatore, Vinicio, forse vuole illudersi che il ragazzo sia ancora recuperabile, che un gol cambierebbe tutto, che perlomeno quello sguardo infuocato significhi qualcosa. E annuisce.

Addio sogni di gloria

Caraballo piazza il pallone sul dischetto, prende la rincorsa…e spara il pallone direttamente in curva. Il pubblico, pure quello pisano ormai rassegnato, ride a crepapelle, mentre probabilmente “l’erede di Schiaffino” realizza che il sogno di giocare in Italia può dichiararsi concluso in quel momento.

È davvero tutto finito, tanto che una domenica sera la squadra torna da una trasferta, a cui Caraballo non ha partecipato in quanto infortunato, e al lunedì mattina nessuno lo trova all’allenamento. Inutilmente la società tenta di raggiungerlo al telefono, poi alcuni dirigenti, preoccupati, si recano a casa del calciatore per scoprire che fine abbia fatto. Quello che trovano è la casa completamente vuota tranne che un terrazzo dove, in alcune gabbie, sono tenuti piccioni, conigli e polli.

“Caraballo, meglio perdello che trovallo!”

Caraballo è tornato in Sudamerica, dove continuerà l’indegna carriera in campionati e squadre sempre più infimi fino al ritiro. Il Pisa, forse nemmeno casualmente, senza Caraballo tra i piedi firmerà un 11° posto che a tutt’oggi è il suo miglior piazzamento in Serie A nella storia.

Nella città toscana è tutt’ora in uso, per parlare di una persona poco affidabile, dire “Caraballo, Caraballo, meglio perdello che trovallo!”, e circola inoltre la leggenda urbana che oggi per sopravvivere Jorge faccia il tassista. Il che è anche romantico, a pensarci bene: in un taxi la sua carriera era iniziata, e in un taxi la sua carriera sarebbe proseguita dopo la dimenticabile parentesi calcistica.


BIBLIOGRAFIA:

  • Vitali, Cristian (2010) Calciobidoni. Non comprate quello stranieroACQUISTA

SITOGRAFIA:

  • Vitali, Christian (08/04/2015) Caraballo, meglio perderlo che trovarlo – Calciobidoni
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