Nell’epoca pionieristica del calcio italiano, uno dei primi “trasferimenti” capaci di generare scalpore in tutta la città avvenne a Milano. Il protagonista fu un ragazzo appena maggiorenne, letteralmente rapito fino a quando non fu ufficializzato il suo trasferimento. Il suo nome era Leopoldo Conti, ed era destinato a diventare uno dei primi eroi nella storia dell’Inter.
Stella dell’ULIC
Nel 1915 il calcio italiano si fermò a causa della guerra. Gli eroi della domenica erano ancora uomini comuni, e per questo non furono risparmiati dalla leva e spediti al fronte. Gli stadi si ritrovarono improvvisamente vuoti, proprio nel momento in cui lo sport arrivato dall’Inghilterra, dopo una prima fase pionieristica, stava diventando d’interesse nazionale.
Fu così che emerse un calcio locale, minore, che ormai già da tempo nessuno prendeva in considerazione. In assenza delle grande stelle i tornei organizzati da piccole realtà cittadine decisero di non fermarsi e raccolsero presto un discreto seguito. Fu così che nacque l’ULIC (Unione Libera Italiana del Calcio), un movimento staccato dalla FIGC e a carattere prettamente giovanile, dove squadre molto spesso improvvisate e in costante mutamento si sfidavano tra loro in un vero e proprio campionato.
Questa importante quanto formativa vetrina, che permetteva a ragazzi giovanissimi ma non ancora abbastanza adulti da dover andare al fronte di brillare nel calcio, si sarebbe conclusa soltanto dopo un decennio. E fu proprio su questi campi di provincia che nacque il mito di Leopoldo Conti: talentuoso interno offensivo dell’Ardita Ausonia, era cresciuto osservando il fratello maggiore tentare di farsi strada – senza fortuna – nel Milan.
L’interesse dell’Inter
Leopoldo Conti fu una delle stelle più brillanti dei cosiddetti “campionati ulicciani”: rapido, talentuoso, tenace e coraggioso, svariava su tutto il fronte offensivo ed esaltava le folle, mostrando numeri che presto attirarono l’interesse dei grandi club milanesi. In particolare fu l’Inter a farsi avanti, per scoprire però che il giovane si era appena trasferito dall’Ausonia all’Enotria Goliardo.
Arrivato al club di Crescenzago per disputare alcune amichevoli in prestito, infatti, Conti si era convinto a proseguire lì la propria avventura nel calcio ULIC. Una scelta che il club, guidato dall’ambizioso Alessandro Gaetani, si diceva avesse pagato con un rimborso di ben 50 lire, cifra considerevole tenendo conto della giovanissima età del giocatore.
I dirigenti nerazzurri trovarono un muro apparentemente insormontabile: nonostante i modi gentili per cui era conosciuto, al punto da essere chiamato “papà”, Gaetani non intendeva minimamente lasciare andare il ragazzo. Dopo tanta fatica e l’impegno economico sostenuto, infatti, era deciso a goderselo. Bisogna considerare che il primo trasferimento in Italia era già avvenuto, ma ancora mancava una regolamentazione vera sul professionismo.
Il “rapimento” di Leopoldo Conti
Ovviamente Conti era lusingato dall’interesse di un grande club come l’Inter. La guerra si era appena conclusa, il calcio FIGC stava ripartendo e l’ULIC stava stretto a chi aveva dimostrato di essere in possesso di numeri da campione. La riconoscenza verso “papà” Gaetani era comunque tanta, e il passaggio all’Enotria era davvero molto recente.
A risolvere la situazione fu un gruppo di tifosi dell’Inter guidati da Leone Boccali, futuro giornalista e fondatore del Calcio Illustrato: Conti fu letteralmente rapito – leggenda vuole che fu sollevato di peso al termine di una partita da tifosi nerazzurri che si fecero passare per sostenitori dell’Enotria – e portato in sede. Fuori dall’edificio nacque una vera e propria contesa, che infine si risolse con un nuovo trasferimento del giovane campione e un rimborso di ben 100 lire all’Enotria.
A vent’anni ancora da compiere Leopoldo Conti esordì nel calcio dei grandi come un vero e proprio predestinato, segnando 7 reti in 21 presenze, risultando determinante nella conquista del 2° Scudetto nerazzurro e guadagnandosi la chiamata in Nazionale. Fu da subito una figura autorevole e autoritaria nello spogliatoio, tanto da guadagnarsi con l’età adulta il soprannome di “Duce”, omaggio a Mussolini che proprio in quel periodo stava gettando le basi per il successivo Ventennio fascista.
Il “Duce” che battezzò il “Balilla”
Nel 1922, a soli 22 anni, divenne capitano dell’Inter e onorò la fascia per altre 9 stagioni. Nel 1930 conquistò un altro Scudetto, mentre l’anno successivo lasciò il club dopo 222 presenze e ben 75 reti, numeri decisamente notevoli considerando che non parliamo neanche di un vero e proprio attaccante. Avrebbe chiuso nella Pro Patria di Busto Arsizio, prima di vivere una modesta carriera da allenatore guidando soltanto squadre lombarde: Pro Patria appunto, poi Lecco e Monza a più riprese, Vigevano e Gallaratese.
Leopoldo Conti viene ricordato anche per un episodio molto particolare: un giorno del 1927 il tecnico Árpád Weisz presentò alla squadra un ragazzino di appena 17 anni, affermando che da quel giorno sarebbe stato il nuovo centravanti. Il capitano rispose meravigliato e un po’ stizzito: “Adesso facciamo giocare anche i balilla?”. Quel giovane era Giuseppe Meazza, e il termine con cui lo aveva apostrofato il capitano, quello con cui ci si riferiva ai bambini in epoca fascista, lo avrebbe accompagnato anche quando sarebbe diventato il più forte calciatore al mondo. Ma questa è un’altra storia…
Leopoldo Conti
- Nazionalità: Italia
- Nato a: Milano (Italia) il 12 aprile 1901
- Morto a: Milano (Italia) il 14 gennaio 1970
- Ruolo: attaccante
- Soprannome: Poldo, Duce
- Squadre di club: Ardita Ausonia (ITA), Enotria Goliardo (ITA), Inter (ITA), Pro Patria (ITA)
- Trofei conquistati: Prima Categoria 1919-1920, Serie A 1929-1930
SITOGRAFIA:
- Leopoldo Conti, Bustocco.it
- La Storia dell’Inter
BIBLIOGRAFIA:
- Brizzi, Enrico (2015) Il meraviglioso giuoco. Pionieri ed eroi del calcio italiano 1887-1926, Editori Laterza