6 luglio 1930, Stade des Charmilles, Ginevra.
Forse fu in quel momento che Jake Madden capì che la sua missione si era conclusa. Oltre ventimila persone circondavano il campo, in attesa di vedere all’opera quelli che poteva senz’altro considerare, senza mezzi termini, “i suoi ragazzi”.
I suoi e di nessun altro, perché quando era arrivato a Praga, oltre vent’anni prima, il football non era altro, per il popolo boemo, che un curioso passatempo, un gioco praticato da pochi appassionati e senza alcuna eccellenza.
Qualcosa di molto diverso, insomma, da quello che lui aveva conosciuto in patria, negli anni della gioventù. Se adesso socchiudeva gli occhi, mentre in campo i suoi uomini prendevano posizione per giocare la finale della prima edizione della “Coupe des Nations” – torneo che precedeva di diversi anni la Coppa dei Campioni – il vecchio Jake poteva ancora ricordare quel giorno.
Quello del suo arrivo in un mondo tanto diverso, che mai avrebbe pensato, un giorno, di poter chiamare “casa”.
“I am Madden”
Era il 1905, e si era rivolto a quelli che sarebbero diventati “i suoi ragazzi” così: “Io sono Madden”. Tutto qui, poche parole che in sé nascondevano un’ovvia difficoltà con una lingua sconosciuta e, allo stesso tempo, l’orgoglio di un uomo che sapeva chi era, chi era stato e chi sarebbe potuto diventare così lontano da casa.
Quarant’anni, Jake Madden era ricomparso quasi dal nulla dopo aver chiuso la carriera di calciatore ben sette anni prima. E come uno scozzese fosse finito così lontano da casa, con il compito di insegnare il football ai danubiani, rimane un mistero su cui in tanti hanno fantasticato.
Si diceva che l’anno precedente, durante una tournée del Celtic Glasgow nel Continente, Madden si fosse proposto ai dirigenti dello Slavia Praga, il club di cui avrebbe scritto la storia, dopo essersi innamorato di una ragazza del posto, con cui intendeva formare famiglia.
Una storia estremamente romantica, che però si scontra con un dato di fatto: Jake riapparve nel 1905 praticamente dal nulla, e non poteva dunque trovarsi a Praga nel 1904.
“Sempre meglio che costruire caldaie”
È possibile che, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, fosse tornato a lavorare, non avendo saputo, e in parte potuto, far fruttare il suo grande talento di calciatore. Possibile, dato che a chi gli chiese come fosse finito in Boemia rispose così: “Beh, sempre meglio che costruire caldaie nei cantieri navali!”
Già, i cantieri navali. Lì era iniziato tutto, molti anni prima.
Uno dei nove figli di una coppia di irlandesi immigrati a Dumbarton, John William “Jake” Madden era sfuggito al duro lavoro d’officina grazie a un talento straordinario per il football, che proprio in quegli anni si avviava a diventare lo sport più popolare del Regno Unito e che vedeva gli scozzesi battere regolarmente gli odiati cugini inglesi.
Centravanti completo, tanto abile con il pallone tra i piedi quanto freddo e concreto nella giocata, era dotato di un fisico atletico che curava meticolosamente, evitando sigarette e alcolici a differenza di moltissimi dei suoi colleghi.
La sua specialità era il tiro, talmente violento da fargli guadagnare quasi immediatamente il soprannome di “The Rooter”, “lo Sradicatore”: un suo violento tiro, questo era il senso, avrebbe finito prima o poi per sradicare una porta.
Madden fu il primo centravanti nella storia dei Celtic Glasgow, che in vista della loro prima gara ufficiale, contro i concittadini dei Rangers, chiesero e ottennero diversi calciatori in prestito per l’occasione.
Fu dunque questo poderoso centravanti di Dumbarton a guidare l’attacco che inflisse un pesante 5-2 a quelli che da allora sarebbero stati i più grandi rivali del club di chiara ispirazione irlandese, nato per volere del prete marista Brother Walfrid.
Primo idolo del Celtic Park
Madden e il Celtic si piacquero talmente tanto che fu naturale, l’anno successivo, che si ritrovassero insieme, stavolta definitivamente. Il club era cresciuto moltissimo in poco tempo, e la definitiva affermazione arrivò grazie a “The Rooter”, che guidò il Celtic a un terzo posto, due secondi posti e, soprattutto, a tre titoli di campioni di Scozia.
Naturalmente, tanta classe e tanto attaccamento alla maglia avevano un prezzo. Nell’era in cui i migliori calciatori di Scozia andavano in Inghilterra a insegnare calcio, lautamente pagati dalle società professionistiche che si trovavano al di là del Vallo di Adriano, Jake Madden fu più volte tentato di fare del calcio un mestiere vero e proprio.
Sarebbe accaduto soltanto in tarda età, però, dopo una carriera spesa interamente nel Celtic, eroe di una tifoseria che lo idolatrava e che per non perderlo era arrivata a circondare minacciosamente i dirigenti del The Wednesday, che da Sheffield erano venuti in città con la speranza di ingaggiarlo.
Ovviamente la dirigenza dei Bhoys riconobbe qualcosa alla sua stella, pur se in un periodo di falso dilettantismo, lo shamateurism, che in Inghilterra era già un ricordo. Fatto sta che, terminata la carriera con un poco memorabile stint di neanche un anno con il Tottenham Hotspur, Jake Madden (2 presenze e 5 reti con la Nazionale, per giunta) era letteralmente scomparso dalla circolazione.
L’arrivo in Boemia
E così eccolo in Boemia, anno del Signore 1905. “Io sono Madden”. A portarlo fino a Praga era stato un amico, l’ex dei Rangers Jacky Robertson, che contattato dai dirigenti dello Slavia Praga, dove non intendeva trasferirsi, aveva pensato a Jake.
Lo aveva così convinto ad andare per suo conto, anzi, dicendo che era proprio lui in persona.
Nessuno si sarebbe mai pentito del sotterfugio, che sarebbe venuto alla luce molti anni dopo, tanto che diversi quotidiani dell’epoca si riferirono a lui, inizialmente, come a un ex-idolo dei Rangers, qual’era in effetti l’amico Robertson per cui si era spacciato.
Giunto in un panorama calcistico decisamente primordiale, che non contemplava allenamenti o tattiche di alcun genere, Jake Madden innovò il calcio boemo al punto che, l’anno successivo al suo arrivo, lo Slavia pareggiò 3-3 una gara contro i Celtic che l’anno prima lo aveva visto sconfitto con un sonoro 5-0.
Cultore in gioventù della forma fisica, nonostante avesse preso l’abitudine di fumare la pipa Madden proibì ai suoi atleti di fare altrettanto, vietando anche l’uso di alcolici e istituendo allenamenti di squadra e personalizzati che diedero immediatamente i propri frutti, tanto che fu visto dagli addetti ai lavori locali come un vero e proprio mago.
Aderendo ai principi del passing game ideato dai suoi connazionali, questo carismatico personaggio creò letteralmente lo stile danubiano, permeato di palleggio e virtuosismi individuali, introducendo anche principi di medicina sportiva come massaggi, rieducazione atletica e sciacqui con acqua fredda sui muscoli stremati da un calcio tanto duro e dispendioso.
John Madden, “il padre del calcio ceco”
Pur curando la parte tecnica e tattica, quello che divenne presto noto come “il padre del calcio ceco” non trascurò sessioni di ginnastica tese a migliorare la forma fisica dei suoi uomini, autentica rivoluzione in un Paese dove i calciatori si allenavano semplicemente giocando, calciando il pallone.
Il calcio, in Cecoslovacchia, crebbe enormemente grazie alla guida di Jake Madden: nel 1911 la Nazionale riuscì a sconfiggere 2-1 l’Inghilterra Amateurs, resistendo nel finale alla pressione avversaria grazie a uno stratagemma tattico che la dice lunga sulla preparazione tattica dell’ex-stella dei Celtic.
Resosi conto che gli avversari erano passati dal consueto 2-3-5 ad uno spregiudicato 2-1-7, Madden ordinò ai suoi uomini di cambiare a loro volta atteggiamento, trasformando il 2-3-5 ceco in un 4-3-3 che sarebbe comparso, come modulo tattico, soltanto diverse decadi dopo.
Le Olimpiadi di Anversa
Superata la prima guerra mondiale, discioltosi l’Impero Austro-Ungarico, la Cecoslovacchia mandò una sua rappresentativa alle Olimpiadi di Anversa del 1920 guidata proprio da Madden. La squadra superò in scioltezza Jugoslavia (7-0), Norvegia (4-0) e Francia (4-1), guadagnandosi l’accesso a una finale che sarebbe passata alla storia.
Contro i padroni di casa del Belgio, circondati dai soldati in uniforme che circondavano il campo e vessati da un arbitraggio, quello dell’anziano inglese Joe Lewis, sfacciatamente a favore degli avversari, i cecoslovacchi abbandonarono il terreno di gioco a pochi minuti dalla conclusione del primo tempo. Una protesta plateale, che costò loro anche la medaglia d’argento.
Una macchia, forse, in un percorso splendido: arrivato a Praga quando il football era un verbo praticamente sconosciuto, Jake Madden aveva trasformato il movimento calcistico nazionale fino a farlo diventare uno dei più forti al mondo.
Lo Slavia Praga, sotto la sua gestione, era diventato uno dei team più ammirati in tutto il Continente, capace di infliggere risultati clamorosi ad avversari come l’Athletic Club di Bilbao (9-2, Natale del 1923) Juventus (6-1 nel 1926) e Inter (5-0 nel 1927) così come di ottenere la vittoria in 134 partite casalinghe su 169 giocate.
Grande oltre i numeri
Numeri impressionanti, che però non descrivono pienamente la grandezza di Madden così come non lo fanno i tre titoli nazionali vinti prima del ritiro (il campionato cecoslovacco prende il via soltanto nel 1925) né un altro score importanti, quello relativo agli incontri internazionali: lo Slavia Praga vinse 304 gare su 429 nei venticinque anni in cui fu guidata da questo leggendario pioniere.
La finale della Coupe des Nations, giocata allo Stade des Charmilles di Ginevra il 6 luglio del 1930, fu la sua ultima partita come tecnico dello Slavia. Fu dopo questi ultimi novanta minuti, che videro “i suoi ragazzi” soccombere contro i fortissimi ungheresi dell’Újpest, che “il padre del calcio ceco” si ritirò, a 65 anni.
Un malore lo colpì poco dopo, costringendolo su una sedia a rotelle, ma il richiamo del campo, del pallone, sarebbe stato più forte di tutto, tanto da portarlo a seguire sempre con passione il suo Slavia insegnando, allo stesso tempo e nonostante gli acciacchi, le basi ad altri club locali.
Jake Madden non tornò mai a casa, non lasciò più Praga, la splendida città che lo aveva accolto all’alba del XX secolo. Trascorse qui il resto della vita, superando un’altra guerra mondiale, osservando il calcio che egli stesso aveva creato arrivare ad un passo dalla storia.
In Italia, nel 1934, si disputò la seconda edizione dei Mondiali di calcio, e la Cecoslovacchia arrivò fino alla finale contro gli imbattibili (per diversi motivi, non tutti leciti) padroni di casa. Dopo un’autentica battaglia durata due ore gli azzurri trionfarono, e nella squadra sconfitta ben otto giocatori erano dello Slavia.
Anima immortale del football boemo
“I suoi ragazzi”, nomi leggendari come Plánička, Puč, Svoboda, campioni cresciuti sotto gli insegnamenti di questo leggendario pioniere del football. Che ha imparato la lingua, al punto da aver quasi dimenticato l’inglese, e si è sposato con Františka Čechová, una donna conosciuta poco dopo il suo arrivo in città.
Quando, dopo una lunga malattia, lascia questo mondo, il 17 aprile del 1948, John “Jake” Madden è prossimo agli 83 anni, più della metà vissuti a Praga. Lontano, lontanissimo dai luoghi della gioventù, dai cantieri in cui aveva lavorato da ragazzo, da Dumbarton, da Glasgow e dai suoi amati Celtic.
Non si è mai pentito. Perché a Praga ha trovato una nuova casa, si è costruito una famiglia, è stato un vero e proprio eroe, portando il verbo del football dove prima questo era sconosciuto.
La sua bara, portata dai calciatori dello Slavia vestiti con la divisa ufficiale del club, passa attraverso la città, seguita da una folla immensa, fino al luogo dell’eterno riposo, il cimitero di Olšany. Viene sepolto assieme all’unico figlio, morto alcuni anni prima ancora in giovane età.
Qui, ancora oggi, “il padre del calcio ceco” viene visitato, dai propri tifosi ma anche da appassionati venuti dalla Gran Bretagna, giunti ad omaggiare l’uomo che creò un movimento calcistico.
Un’eredità, quella di John William “Jake” Madden, irripetibile ed eterna.
SITOGRAFIA:
- @ComedyTeddy (09/08/2013) Scottish Football’s Coaching Pioneers 1: John Madden, Scottish Comedy Football Club
- McKay, Gabriel (04/07/2017) The story of Johnny Madden – How a former Celtic winger became ‘the Father of Czech Football’, Glasgow Live
Ritratto in copertina opera originale di Sara Provasi, “Atti Effimeri di Comunicazione”