sabato, Luglio 27, 2024
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Leônidas, il “Diamante Nero”

Considerato a lungo l’inventore della rovesciata, di certo il primo a esportare questo gesto tecnico in un’epoca dove la storia del calcio veniva tramandata quasi esclusivamente in forma orale, Leônidas da Silva è stato probabilmente il primo grande campione nella storia del futbol brasiliano. Immediato successore di Arthur Friedenreich, fu la prima stella della Nazionale e il capocannoniere dei Mondiali del 1938 in Francia.

Su questo sito trovate un dettagliato articolo sull’invenzione della rovesciata, che ormai è assodato non sia stata ideata da questo fenomenale attaccante. Ma certo è che questo non toglie quasi niente al mito di Leônidas, uno dei primi calciatori di colore che hanno cambiato la storia e fenomeno assoluto, forse in parte ingiustamente dimenticato con l’avvento dell’era televisiva. Questo articolo intende dunque raccontarne la carriera e omaggiarne il mito.

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Diamante Nero

Nato esattamente cento anni fa (il 6 settembre del 1913) a Rio de Janeiro, Leônidas comincia a giocare nelle giovanili del São Cristóvão (dove curiosamente crescerà, decenni dopo, un altro campione, “O Fenômeno” Ronaldo) per esordire in prima squadra appena sedicenne nel 1929.

Segna una caterva di gol, ben 31 in 29 incontri, e si muove al Sirio Libanes, dove mantiene la stessa media realizzativa (sono 50 reti in 47 partite) prima di trasferirsi alla sua prima squadra importante.

È il Bonsucesso, dove si distingue segnando in due stagioni 55 gol in 51 presenze e sbalordendo i tifosi con il suo primo gol di rovesciata, chiamata dai brasiliani “bicicleta” per via del movimento che il calciatore effettua eseguendo questo colpo.

Sarà lo stesso Leônidas ad attribuirsi l’invenzione di questa giocata, e anche se qualcuno dice che in realtà abbia solo affinato un colpo inventato da un altro giocatore (Petronilho de Brito) nell’immaginario collettivo quello diventa “il suo colpo”.

L’affermazione in Uruguay

Segna e incanta, Leônidas. Ma il calcio brasiliano di quel periodo, dilettantistico e diviso in una moltitudine di stati e federazioni l’una contro l’altra, non favorisce necessariamente l’ascesa di un talento.

Così “l’Uomo di Plastica” (“Homem-Borracha”, altro soprannome datogli per via della sua incredibile flessibilità atletica) emigra in Uruguay per cercare la ribalta, che trova con la maglia del Penarol.

Sono 25 gare e 28 reti, e valgono al Diamante Nero la convocazione nella Nazionale del Brasile per i Mondiali che si svolgono in Italia nel 1934.

Quella Nazionale, accreditata da tutti come una delle favorite, ripete però le scialbe prestazioni della precedente edizione del 1930, e sempre per lo stesso motivo: le federazioni Carìoca e Paulista sono in disaccordo sulla scelta dei calciatori da convocare, e i giocatori paulisti non vengono convocati.

Il Mondiale italiano

La Nazionale così è un insieme di buoni giocatori, qualche fuoriclasse e diverse comparse, e come nella precedente edizione (dove non era stato chiamato per lo stesso motivo un altro campione assoluto, Arthur Friedenreich) esce al primo turno, sconfitta dalla Spagna per 3-1.

Il gol dei brasiliani lo segna, manco a dirlo, proprio Leônidas. 

La delusione per il Mondiale andato male è forte, ma al ritorno delle competizioni nazionali il calcio brasiliano ritrova Leônidas, che viene ingaggiato dal Vasco da Gama: è un annata che conferma quanto sia forte “il Diamante Nero”, che mantiene ancora l’incredibile media di un gol (e più) a partita, ma ora è giunto il momento di raccogliere trofei, e con quel Vasco non c’è proprio modo.

E così Leônidas cambia ancora maglia, vestendo quella del Botafogo, e circondato da campioni come Carvalho Leite, Pamplona, Nilo e Patesko si conferma bomber di razza: già il Botafogo aveva vinto i tre precedenti campionati Statali, con i gol di Leônidas il quarto titolo consecutivo (evento mai più ripetuto) è una pura formalità.

Leonidas e il Flamengo

Eppure quel fantastico centravanti, sembra incredibile, non ha ancora trovato la squadra giusta per creare l’idillio che ti porta ad essere una bandiera del club: quando l’ambiziosissimo Flamengo lo fa suo, la stagione successiva, ecco però che comincia una vera e propria storia d’amore.

Prima di tutto, Leônidas è il primo calciatore di colore a vestire la maglia del Mengão. In secondo luogo, aiuta la squadra a crescere nel panorama nazionale e lo fa a modo suo, ovvero a suon di gol.

In 5 anni sono ben 153 (in 149 gare!) ed è proprio vestendo la maglia del Flamengo che “il Diamante Nero” si presenta al suo secondo Mondiale, con una squadra brasiliana stavolta determinata a mostrare al mondo la sua reale forza.

Siamo in Francia, è il 1938 ed il Mondiale, come nell’edizione precedente, si gioca con un torneo ad eliminazione diretta: il destino non c’è andato leggero, con i sudamericani, che al primo turno devono vedersela con la Polonia del bomber Willimowski in un campo ai limiti del praticabile.

Leônidas, Diamante Negro

Passerà alla storia, quella partita, grazie a Willimowski e Leônidas, autori il primo di 4 e il secondo di 3 reti, e se la sfida personale vede trionfare il polacco, la squadra vincente è il Brasile, che la spunta 6 a 5 solo ai supplementari mostrando un gioco fantastico ma grossi limiti difensivi.

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Una settimana dopo, a Bordeaux, i futuri verde-oro (allora il Brasile gioca con una divisa bianca) se la devono vedere con un altra squadra est-europea, ancora più forte della Polonia.

Sono i maestri danubiani della Cecoslovacchia, finalisti 4 anni prima e capaci di giocate tecniche degne dei brasiliani. Leônidas va subito in rete, ma il fuoriclasse Oldřich Nejedlý pareggia e anche i supplementari mantengono questo risultato.

Non esistendo i rigori, è necessaria una ripetizione del match, che si svolge due giorni dopo: stavolta sono i cecoslovacchi a passare in vantaggio, ma Leônidas si erge a protagonista della gara.

Lo fa prima pareggiando personalmente, e poi propiziando il gol della vittoria segnato da Roberto, attaccante del São Cristóvão, curiosamente proprio la squadra dove “il Diamante Nero” è cresciuto.

E così il Brasile è in semifinale ed ha superato due tra le squadre più forti della competizione: il clima è euforico, c’è fiducia, talmente tanta che la Federazione ha già acquistato i biglietti aerei per Parigi, dove si giocherà la finale.

Stella dei Mondiali di Francia

Il CT, Adhemar Pimenta, ha talmente tanta fiducia nei suoi uomini da operare in semifinale un massiccio turn-over, cambiando ben 9 uomini: Leônidas e Roberto rimangono in panchina contro l’Italia, che è però pur sempre la squadra campione in carica e che vanta autentici fuoriclasse nella squadra-tipo.

Al “Velodrome” di Marsiglia per i brasiliani si mette subito male, il gioco non fluisce come dovrebbe ed il primo tempo si conclude a reti bianche: nel secondo tempo Colaussi apre le danze per gli azzurri, prima del raddoppio su rigore di Meazza.

Non esistono sostituzioni, e così Leônidas è costretto a vedere dalla panchina i compagni stentare a trovare un gioco, ed il gol che dimezza lo svantaggio firmato da Romeu arriva a partita ormai finita.

Il Brasile esce così di scena, mentre l’Italia vola in finale dove vincerà ancora, bissando il successo di 4 anni prima. I brasiliani conquistano il terzo posto sconfiggendo la Svezia per 4-2 dopo essere stati a lungo in svantaggio di ben due reti.

Manco a dirlo è Leônidas il trascinatore, con una doppietta che gli vale il 7° gol nel torneo ed il titolo di capocannoniere della manifestazione.

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Verità e falsi storici

A onor del vero, anche se per anni la semifinale con l’Italia verrà descritta come l’esempio tipico della supponenza di quel Brasile anteguerra, la rotazione degli uomini più che per snobismo era stata scelta dal CT per via dei numerosi acciacchi e della stanchezza accumulata dai suoi uomini nella doppia sfida contro i cecoslovacchi.

Curiosità vuole che Leônidas anche in questo Mondiale vada a segno con una rovesciata, ma il gol viene inspiegabilmente annullato perché l’arbitro, come buona parte del mondo, non conosce questo gesto tecnico e lo giudica irregolare.

A Leônidas rimane il Flamengo, con cui segna e si diverte fino al 1942, quando si trasferisce in quella che sarà la sua ultima squadra, il San Paolo: non è un trasferimento “da bollito”, anzi, “il Diamante Nero” viene pagato caro, ma la società è ambiziosa e da eterna seconda ha deciso di cominciare a vincere.

Il “Rullo Compressore”

Arrivano anche altri campioni, come Noronha, Bauer, Zeze Procopio e l’argentino Sastre, e inizia così l’epopea del “Rullo Compressore”, lo squadrone che vince ben 5 titoli paulisti in sette anni dando spettacolo in ogni angolo del paese.

Nel 1948, 37enne, Leonidas sfoggia per l’ultima volta il suo colpo migliore, la rovesciata, per segnare un gol in un fantastico successo per 8-0 dei suoi contro la Juventus – no, non la Juve italiana.

Lascia il calcio nel 1950, nell’anno del Maracanaço e all’alba dell’esplosione di Pelé, che sarà a tutti gli effetti il suo erede. Diventa allenatore proprio del San Paolo, ma i risultati sono modesti, quindi è radiocronista, ruolo che ricopre per anni prima di una tranquilla vecchiaia.

Muore novantenne, al fianco la compagna di sempre Albertina Santos, e viene sepolto nel “Cemitério da Paz”, a San Paolo.

Leônidas da Silva, la leggenda

Leônidas è stato uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, un concentrato di tecnica, fisicità e inventiva, un attaccante dalla media realizzativa impressionante (quasi 1 gol di media a partita in carriera, 37 in 37 gare con la Nazionale) e funambolo del dribbling, entrato nell’iconografia calcistica per quel gesto, la bicicleta, che se proprio non inventò di sicuro rese famoso.

In un Paese, il Brasile, che a volte dimentica i suoi idoli da quanti ne produce, Leônidas è rimasto l’icona di quel calcio dei pionieri, dove i gesti tecnici venivano visti dal vivo e poi raccontati.

Molti che lo hanno visto giocare giurano che fosse più forte di Pelé, ma purtroppo un confronto è impossibile, visto che appunto ai tempi di Leônidas non esistevano grandi riprese televisive.

Un Diamante è per sempre

Per fortuna, però, esistevano le fotografie. E quell’istantanea del “Diamante Nero” mentre esegue la “sua” rovesciata rimarrà per sempre nella mente di ogni appassionato di calcio.

Aveva la stazza, la velocità e la malizia di una zanzara. Nel Mondiale del 1938, un giornalista francese del periodico Match gli contò sei gambe, e ritenne che avere tante gambe era roba da magia nera. Io non so se il giornalista francese fece caso che, oltretutto, le molte gambe di Leônidas potevano allungarsi di vari metri e si piegavano e riannodavano in modo diabolico.

Leônidas da Silva entrò in campo il giorno in cui Arthur Friedenreich, ormai quarantenne, si ritirò. Ricevette lo scettro dal vecchio maestro.
In poco tempo, il suo nome era già una marca di sigarette e di cioccolatini. Riceveva più lettere di un divo del cinema: le lettere gli chiedevano una foto, un autografo o un impiego pubblico.

Leônidas segnò molti gol, che non contò mai. Molti li realizzò sospeso in aria, coi piedi che giravano, a testa in giù, di spalle alla porta: era molto abile nelle acrobazie della cilena, che i brasiliani chiamano la bicicletta.

I gol di Leônidas erano così belli che anche i portieri avversari si rialzavano per congratularsi.

(Eduardo Galeano, Splendori e miserie del gioco del calcio, Sperling & Kupfer, pagina 81 – 1997)

Leônidas da Silva

  • Nazionalità: Brasile
  • Nato a: Rio de Janeiro (Brasile) il 6 settembre 1913
  • Morto a: Sao Paulo (Brasile) il 24 gennaio 2004
  • Ruolo: attaccante
  • Soprannome: Diamante Nero
  • Squadre di club: Bonsuccesso (BRA), São Cristóvão (BRA), Peñarol (URU), Vasco da Gama (BRA), Botafogo (BRA), Flamengo (BRA), San Paolo (BRA)
  • Trofei conquistati: Campeonato Carioca 1934, 1935, 1939, Campeonato Paulista 1943, 1945, 1946, 1948, 1949, Copa Rio Branco 1932, Copa Roca 1945

SITOGRAFIA:

  • Glanville, Brian (27/01/2004) Leonidas da SilvaThe Guardian
  • Veronese, Massimo M. (01/12/2012) Leonidas, la Perla nera che volando fece andare il calcio in biciclettaIl Giornale
  • Vickery, Tim (05/09/2013) The legacy of Leonidas da Silva lives onESPN

BIBLIOGRAFIA:

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Simone Cola
Simone Colahttps://www.uomonelpallone.it
Amante del calcio in ogni sua forma e degli uomini che hanno contribuito a scriverne la leggenda

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