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Roberto Chery, il portiere-poeta maledetto

Il Brasile adottò i colori attuali, dove spicca il giallo-oro, dopo la disfatta del “Maracanazo” ai Mondiali del 1950. Fino ad allora aveva vestito il bianco oppure il blu, mai ufficialmente il giallo.

Eppure una gara in cui la Seleção indossò la maglia gialla c’è stata: accadde nel 1919, il giallo (insieme al nero) era quello del Peñarol.

Ancora più curioso che la squadra avversaria, l’Argentina, indossasse la maglia “celeste” degli odiati rivali dell’Uruguay.

Le due Nazionali si sfidarono per l’inedito “Trofeo Roberto Chery”, la partita finì 3 a 3 tra applausi unanimi e grandi abbracci, il trofeo andò al Peñarol e l’incasso alla famiglia di tale Roberto Chery, scomparso il giorno precedente. Ma cos’era successo? E chi fu Roberto Chery?

Gli esordi di Roberto Chery

Era nato il 16 febbraio di tantissimi anni fa.

Era il 1896, il calcio al di fuori dell’Inghilterra era davvero agli albori, e come tutti anche Roberto Chery giocava per passione, dividendo il tempo libero tra il pallone e la poesia, l’altra sua grande passione. Si dice che nel calcio il ruolo dei poeti sia il portiere, quello “diverso dagli altri”, quello che gioca come nessun altro può fare.

Di certo, questo è quello che pensò Roberto Chery, cresciuto nel Barrio Sur di Montevideo insieme al mitico Isabelino Gradín e Giroba Antonio Campolo e che poi giocò l’intera breve carriera nel Peñarol. Fu chiamato “il poeta” proprio per i numerosi versi che scrisse, sempre indirizzati alla squadra del cuore e della vita.

Il suo esordio con la maglia degli Aurinegros avvenne in un Clásico contro gli storici rivali del Nacional, cui seguirono altre prestazioni talmente eccellenti da fargli meritare, nel giro di neanche un anno, la convocazione nell’Uruguay che nel 1919 si presentava in Brasile per disputare la terza edizione del Campeonato Sudamericano de Football.

La Celeste puntava al terzo successo consecutivo, e tra i suoi punti di forza vantava un portiere già famoso in tutto il Sudamerica, Cayetano Saporiti: estremo guardiano dei Montevideo Wanderers, il 32enne eroe nazionale meditava di ritirarsi, e il CT Severino Castillo aveva individuato proprio nel funambolico Chery, 23 anni, il suo erede.

Lo aveva visto emergere in campionato, giovanissimo e già estremamente capace di dire la sua in una delle squadre allora tra le migliori al mondo: agile come un gatto, reattivo e dotato di una forte personalità, aveva subito soltanto una rete con la maglia degli Aurinegros e per giunta su rigore.

L’infortunio

Fu per questo motivo che, superato lo scoglio della prima gara, Castillo decise di schierare titolare tra i pali per la seconda partita del torneo proprio il giovane Chery: il Brasile padrone di casa era partito benissimo, l’Uruguay però non aveva mollato il colpo, ma la seconda gara vedeva la Celeste fronteggiare il Cile, una partita agevole sulla carta visto che la Roja era ben lontana da essere una squadra competitiva, e aveva perso la prima gara proprio contro il Brasile per 6-0.

Sorprendentemente, però, i cileni, dopo aver subito verso la fine del primo tempo le reti di Carlos Scarone e José Perez, tirarono fuori l’orgoglio e attaccarono con veemenza. Chery fu straordinario in almeno un paio d’interventi, ma purtroppo nell’eseguire un grande salvataggio – un prodigioso tuffo da palo a palo – si provocò lo strozzamento di un’ernia che ne causò l’uscita anticipata dal campo e l’immediato ricovero in un ospedale di Rio de Janeiro.

Il torneo continuò, e vide Brasile e Uruguay arrivare primi a pari merito.

Lo spareggio, che valeva come una finale, non si sbloccò dallo 0-0 né dopo i 90 minuti né dopo ulteriori 30 minuti di tempi supplementari. Non essendo previsti, per regolamento dell’epoca, i calci di rigore, si rese necessario giocare a oltranza, con l’arbitro argentino Juan Pedro Barbera che ordinò altri due tempi supplementari.

Fu dopo 3 minuti del primo di questi che il leggendario Arthur Friedenreich superò Saporiti. Dopo ben due ore e mezzo di battaglia il Brasile conquistava per la prima volta il Campeonato Sudamericano de Football, progenitore dell’attuale Copa Amèrica.

Il giorno successivo, il 30 maggio del 1919, si arrese anche Roberto Chery, giovane portiere e poeta, il cui infortunio si era trasformato in una peritonite fatale.

Moriva, a neanche 23 anni, quello che sarebbe potuto essere il portiere titolare della squadra che poi sarebbe stata la più forte al mondo nei primi anni del calcio. Una fine sfortunata che forse lo privò della gloria del momento, ma che lo consegnò eternamente alla leggenda come una delle prime vittime del calcio dei pionieri.


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