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#StranoCalcio08 – Saranno famosi

Molto spesso si è portati a pensare che il campione di calcio sia un predestinato. Una questione di genetica, di talento innato, qualità che una vita sana e un allenamento mirato sicuramente miglioreranno ed esalteranno ma che non si possono creare da zero.

Possibile, del resto, così come molti altri talenti dell’essere umano anche il calcio può dipendere da qualcosa di ‘magico e incomprensibile’. A volte però può succedere che chi è destinato a grandi cose in un campo non se ne renda subito conto, perdendo tempo in altre faccende per cui è senz’altro meno portato.

Queste sono alcune storie di calciatori più o meno di successo che hanno comunque trovato la propria consacrazione lontano dal campo di gioco.

Raf Vallone

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11 giugno 1936, stadio “Marassi” di Genova: il Torino supera con un rotondo 5 a 1 l’Alessandria e si aggiudica la terza edizione della Coppa Italia, secondo trofeo in assoluto alzato dal sodalizio granata dopo lo Scudetto 1927/1928.

Nella formazione che è arrivata fino all’atto finale ha fatto il suo esordio anche una giovane e promettente mezzala, Raffaele Vallone, nato in provincia di Vibo Valentia e trasferitosi da bambino nel capoluogo piemontese. Ha vent’anni e il futuro davanti, ma nella squadra che si appresta a diventare ‘il Grande Torino’ è molto difficile trovare spazio: dopo cinque stagioni passate a raccogliere le briciole (poco più di 20 presenze) prova un passaggio al Novara: non va bene, e dopo un poco convinto ritorno in granata Vallone appende le scarpette al chiodo nel 1941 ad appena 25 anni.

Gli andrà meglio nel cinema: Raffale diventa semplicemente Raf, fa il suo esordio come attore nel 1942 e ottiene fama nazionale nel 1949 con “Riso amaro” di Giuseppe De Santis, dove recita insieme a Vittorio Gassman e Silvana Mangano. Raf Vallone diventerà uno degli attori più famosi del neorealismo italiano, recitando in oltre un centinaio di opere tra cinema, teatro e televisione e arrivando fino ad Hollywood: nel 1990, sotto la regia di Francis Ford Coppola, prende parte a “Il Padrino – Parte III” interpretando Papa Giovanni Paolo I.


Piero Pastore

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Uno dei più forti attaccanti italiani negli anni ’20 e ’30 del XX° secolo, Piero Pastore crebbe nel Padova ed emerse nella Juventus ad appena vent’anni: dal 1923 al 1927 segnò 55 reti in 66 partite con la maglia bianconera, conquistando lo Scudetto del 1926, quindi passò al Milan dove si ripeté con ottimi risultati (87 gare e 53 gol in tre stagioni) centrando anche il bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928, quando gli azzurri si arresero solo contro il formidabile Uruguay che due anni dopo avrebbe conquistato la prima edizione dei Mondiali.

Avvicinatosi al mondo del cinema sul finire della carriera, quando a Roma si trovò a vestire le maglie di entrambe le compagini cittadine, vi si dedicò una volta appesi gli scarpini al chiodo con buoni risultati, apparendo in circa una cinquantina di film tra cui “Vacanze Romane” e “Signori si nasce”.


Willoughby Hamilton

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Facciamo un passo indietro di oltre un secolo: nei primi anni del football non era inusuale che campioni di altre discipline si dilettassero con buoni risultati anche in quello che sarebbe poi diventato lo sport più seguito al mondo. Pochi però potevano vantare il curriculum di James Willoughby Hamilton quando questi, insieme al fratello William, scese in campo nel 1885 con la maglia della Nazionale dell’Irlanda del Nord.

Avversario il Galles, Hamilton era considerato la miglior ala destra del Paese e giocava in una squadra scolastica di Dublino. Portato anche per il cricket, abbandonò infine gli sport di squadra per concentrarsi sul tennis, disciplina nella quale trionfò nell’edizione di Wimbledon del 1890 sconfiggendo in finale l’inglese William Renshaw, vincitore di 7 delle precedenti 9 edizioni. Questo successo lo portò ad essere considerato il miglior tennista al mondo.


François Menno Knoote

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Olandese di nobili origini, François Menno Knoote fu in gioventù calciatore dilettante in patria – raggiungendo le finali nazionali per tre volte con la maglia bianco-verde del Go-Ahead Victoria Combination – e buon tennista prima di raggiungere Milano a inizio ‘900 per studiare lirica al Conservatorio cittadino.

Nel capoluogo lombardo conobbe i fratelli Pirelli ed entrò a far parte del Milan, con cui partecipò a diverse gare amichevoli e a due partite del campionato vinto nel 1905/1906, disputandone una in porta e una a centrocampo. Era solito portarsi dietro costantemente un barometro per prevenire le giornate di pioggia, nelle quali si rifiutava categoricamente di giocare e persino allenarsi per non mettere a rischio le preziose corde vocali, tuttavia fino a quando lasciò l’Italia continuò a contribuire alla crescita del calcio.

Fu tra i 44 soci dissidenti che nel 1908 lasciarono i colori rossoneri, in disaccordo con la svolta autarchica voluta dal club, per fondare l’Internazionale. Abbandonato il calcio fu direttore della piantagione di famiglia nelle Indie Olandesi ed ebbe un discreto successo come cantante lirico, la prima passione, arrivando ad esibirsi più volte nel prestigioso Metropolitan Opera House di New York.


Louis Wagner

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Prima di Knoote un altro singolare personaggio si era esibito con la maglia rossonera del Milan appena fondato: nel 1902, infatti, il primo Scudetto vinto vide la presenza in campo dell’attaccante francese Louis Wagner, tra i protagonisti anche della conquista del trofeo “Medaglia del Re” e dotato di un talento più che discreto.

La carriera nel calcio fu comunque interrotta poco più che ventenne, quando Wagner si dedicò a tempo pieno alla sua più grande passione, l’automobilismo: già l’anno successivo al ritiro dai campi di gioco fu trionfatore del Circuito delle Ardenne, prima gara in circuito della storia con alle spalle appena un’edizione, quindi conquistò nel 1906 la Coppa Vanderbilt a Long Island e nel 1908 fu il primo vincitore del GP degli Stati Uniti guidando una FIAT.

Dopo essersi dedicato per alcuni anni all’aviazione – con eccellenti risultati e numerose vittorie – tornò alle macchine conquistando ancora diversi successi fino al 1926, quando si ritirò ultra-quarantenne.


Julio Iglesias

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22 settembre 1962: alle due del mattino un gruppo di amici torna a casa, a Madrid, dopo una notte passata a divertirsi. Tra essi c’è il giovane portiere della squadra B del Real Madrid, Julio Iglesias, 19 anni e un futuro che vede soltanto sui campi da gioco, sua grande passione e obbiettivo di una vita.

Il destino però decide diversamente, i giovani restano coinvolti in un terribile incidente, e al giovane calciatore viene rivelata una terribile verità: la carriera di calciatore può scordarsela, i danni alle gambe e alla spina dorsale sono tanto vasti che ci vorranno anni soltanto per tornare a camminare normalmente.

Da una possibile depressione lo salva un giovane infermiere, Eladio Magdaleno, che gli regala una chitarra per esercitarsi e passare i lunghissimi mesi di riabilitazione, e questo piccolo ma significativo gesto cambierà la storia della musica latina e mondiale: nel 1962 il calcio perde un calciatore come tanti (“avevo più volontà che talento”) e scopre il più famoso musicista europeo della storia del XX° secolo, capace di vendere oltre 300 milioni di dischi in una carriera che copre oltre tre decenni.


Costas Mandylor

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L’attore australiano Costas Mandylor (vero nome Costas Thedosopoulos) scelse di seguire la carriera di attore dopo che un grave infortunio alla tibia stoppò brutalmente quella di calciatore. Dopo aver giocato in Australia in gioventù, infatti, Mandylor giunse in Grecia (terra di origine dei suoi genitori) per entrare nelle giovanili del Panathinaikos appena maggiorenne.

Dopo tre anni arrivò il ritorno in Australia e l’esordio nella National League. Poco dopo appunto l’infortunio e l’abbandono del football. Nella sua lunga carriera di attore, tuttavia, Mandylor ha avuto ancora a che fare con il rettangolo di gioco, interpretando Charlie “Gloves” Colombo, celebre difensore della Nazionale USA ai Mondiali del 1950, nel film “In campo per la vittoria”, insieme a Gerard Butler e Wes Bentley.

La fama mondiale però è senz’altro dovuta alla sua presenza nella saga di “Saw – L’Enigmista”, dove interpreta il controverso e sadico Detective Mark Hoffman, uno dei protagonisti della serie.


Harald Bohr

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Prima di distinguersi come matematico, Harald Bohr fu il mediano della Danimarca capace di vincere la medaglia d’argento nel calcio alle Olimpiadi di Londra del 1908. I danesi furono piegati solo in finale dall’allora imbattibile Inghilterra del grande Vivian Woodward, ma nei due turni precedenti superarono le selezioni “A” e “B” della Francia 9 a 0 e 17 a 1.

E mentre in quest’ultima gara si segnalò il centravanti Sophus Nielsen (autore di 10 reti) in quella precedente due gol arrivarono anche da questo buonissimo mediano ventenne dell’Akademisk Boldklub. Dopo la laurea conseguita nel 1910 Bohr divenne un importante e stimato matematico, fiero oppositore del pensiero della razza della dilagante dottrina nazista e apprezzatissimo professore nell’Università di Copenhagen. Suo fratello Niels, da cui era inseparabile, fu Nobel per la Fisica nel 1922.


Gordon Ramsay

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Nel 1978 la Scozia sembra pronta a tornare a recitare un ruolo da protagonista nel calcio mondiale: sono gli anni di Joe Jordan, Archie Gemmill e Billy Bremner e di una squadra che non emergerà anche per tanta sfortuna. Con la maglia del Warwickshire si distingue un giovane dodicenne che ha talmente talento da riuscire ad ottenere un provino con i Rangers Glasgow essere convocato persino nella Nazionale Under-14: il suo nome è Gordon Ramsay, ma invece di sfondare nel football lo farà nella cucina e nel mondo dello spettacolo.

La storia cambia per via di un infortunio al ginocchio rimediato in allenamento, che il giovanissimo decide di ignorare fino a un nuovo incidente che avviene durante una partita di squash: il ginocchio cede, e così Ramsay, 18 anni, deve reinventarsi. Lo farà alla grande: oggi è probabilmente il cuoco più conosciuto al mondo, detentore di 14 stelle Michelin e conduttore di numerosi programmi e reality-show di successo.

“Amo ancora il calcio, e penso che sia come cucinare. Non è un lavoro, è una passione. E quando diventi bravo si trasforma nel lavoro dei sogni, e finanziariamente non dovrai mai più preoccuparti di niente.”


Colin Farrell

Seguendo le orme di papà Eamon e dello zio Tommy, arrivati entrambi a giocare da semi-professionisti con la maglia dello Shamrock Rovers, anche Colin Farrell aveva deciso di diventare un calciatore fin da piccolo.

Il talento non gli mancava, tanto da garantirgli provini in molte squadre irlandesi, ma la testa si: intorno alla fine dell’adolescenza cadde in alcune trappole tipiche di quell’età, la droga e l’alcolismo, che non gli permisero di condurre quella vita da atleta necessaria per diventare un eroe del pallone.

Dedicò quindi le sue attenzioni al mondo dello spettacolo, e dopo un provino fallito con i Boyzone trovò consacrazione a Hollywood grazie al regista Joel Schumacher, che lo lanciò con “Tigerland” (2000) e “In linea con l’assassino” (2002): il resto è storia.

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Avete perso gli altri numeri? Eccoli qui!

PARTE 1

La squadra con il nome più lungo al mondo, una scelta di moda discutibile, un goal segnato dal vento, il portiere più grasso del mondo, il più giovane esordiente di sempre, il campionato più piccolo esistente e la peggior squadra sul globo.

PARTE 2

La squadra e il giocatore più vincenti nella storia del calcio, la prima partita documentata, la terza squadra di Manchester e una partita con ben 149 autoreti

PARTE 3

La trasferta più difficile di tutte, una gara finita in delirio nella nebbia, le meraviglie truccate del calcio albanese

PARTE 4

Il calciatore-dittatore e poi tre portieri: uno si da al wrestling, uno compie un fallo incredibile e l’ultimo viene infortunato da un cane (!). Appendice con alcuni tra gli infortuni più assurdi nella storia del calcio.

PARTE 5

Un derby giocato solo nella mente di un radiocronista, scozzesi spendaccioni, un tifoso in tribuna anche da morto. E poi il più giovane calciatore ad aver raggiunto la Nazionale, la nascita del gioco con i piedi nelle prigioni inglesi e la censura patita da “Football Manager” in Cina.

PARTE 6

L’assurda morte del grande Goodwyn, la gara terminata anzitempo per via della noia di un dittatore, la selezione “Resto del Mondo” nel 1867 e i deliri dei primissimi pionieri del calcio americano.

PARTE 7

Reti con l’ombrello, calcio laotiano, l’assurda partita più lunga di sempre, il giocatore con gli occhiali e la partita che uno sventurato portiere si trovò a giocare da solo contro l’intera squadra avversaria.

SPECIALE CALCIOMERCATO

Una raccolta dei metodi più assurdi utilizzati in passato per ottenere le prestazioni di un calciatore: in ballo gelati, chili di carne e pesce, attrezzature sportive e persino una trentina di salsicce!

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